Recensione Il fruscio d’amore

Sabato 12 dicembre 2020 i riflettori del Festival IN_visibile2 sono tornati virtualmente ad accendersi, quando la compagnia sudcoreana Theatre Beoksugol di Tongyeong si è esibita in diretta Zoom e YouTube, percorrendo digitalmente più di 9.000 km e raggiungendo i monitor di una platea distribuita in tutta la nostra penisola.

La compagnia, per far fronte alla distanza fisica tra attori e pubblico, è ricorsa ad un espediente innovativo ed ha accolto gli spettatori sul palco, proiettando la schermata Zoom sul fondale del proprio teatro. In questo modo i visi dei presenti sono stati trasformati nella dinamica scenografia dello spettacolo stesso e hanno permesso la rottura della quarta parete in una maniera nuova e sorprendente. L’escamotage (benché in un primo momento potenzialmente distraente) si è rivelato un’accortezza intelligente per far scaturire quel senso di partecipazione e vicinanza che altrimenti sarebbe in parte venuto a mancare.

Lo spettacolo, intitolato Il Fruscio d’amore, ha visto in scena cinque attori che, attraverso un uso accorto della gestualità e della mimica, hanno permesso al pubblico di superare la barriera linguistica e di entrare a pieno nell’universo teatrale coreano. Il copione prevede la presenza costante sulla scena di un giovane (interpretato da Kim Junwon) che, incappato per caso in una graziosa ragazza (Kim Hyunsu), se ne innamora e cerca disperatamente di catturarne l’attenzione, sortendo però inizialmente solo l’effetto contrario. La trama, seppur semplice, risulta arricchita e impreziosita dalla presenza di intermezzi comici nei quali tre figure vestite con abiti e maschere tradizionali fungono da proiezione della coscienza del giovane, permettendo al pubblico di apprezzare le immagini e i suoni della tradizione coreana in un tripudio percettivo che scivola costantemente tra il mondo del conscio e quello dell’inconscio. Quest’interessante atmosfera onirica viene amplificata dall’accorto utilizzo di musiche, luci ed effetti visivi, che accompagnano la rappresentazione e sanciscono cromaticamente ed acusticamente il passaggio tra stati emotivi diversi. Inoltre i personaggi, caratterizzati in maniera marcatamente buffa e sgraziata, ci consentono di saggiare la comicità coreana e rendono lo spettacolo fruibile ad un pubblico anagraficamente misto. Apprezzabile è anche l’espressività corporea e mimica dell’attore protagonista, che, dimostrando una padronanza motoria notevole, riesce a conferire al proprio personaggio delle movenze nettamente caricaturali, le quali, unite all’utilizzo di suoni onomatopeici, delineano una caratterizzazione precisa e marcata che rende particolarmente intrigante il personaggio.

Lo spettacolo risulta quindi sia figurativamente che contenutisticamente piacevole e, nella sua semplicità, riesce a trasmettere al pubblico italiano emozioni e sensazioni vivide, grazie alla rappresentazione della paradossalità del sentimento amoroso, i cui fruscii entrano in punta di piedi e, altrettanto in punta di piedi, ci stravolgono il quotidiano.

Alice Piffer